La carpa salta la Porta del Drago

Il nome del nostro Centro, Longmen 龍門, è una parola cinese che significa “Porta del Drago” e deriva da un’antica leggenda popolare cinese, famosa in tutto l’estremo oriente: La piccola carpa attraversa la porta del drago (小鯉魚跳龍門 xiao liyu tiao longmen).

La Porta del Drago è nell’immaginario cinese un varco necessario per accedere ad un livello superiore di vita, metafora del superamento dei propri limiti, della volontà di aumentare le proprie capacità e la propria condizione. La scelta di questo nome, da parte nostra, ci è sembrata di buon auspicio per tutti coloro che, intendendo studiare e praticare le arti marziali cinesi come mezzo di autodifesa ma anche e soprattutto come veicolo per la crescita personale, abbiano il desiderio ed il coraggio di varcare questa porta e sviluppare se stessi.

La piccola carpa salta la porta del drago

(traduzione dal cinese di E. Tobia)

Molto tempo fa sotto il monte Longmen non vi era ancora nessun passaggio per le acque. Il fiume Yi terminava il suo corso proprio sotto le alte e impenetrabili rocce di questo monte, dal quale scendevano scroscianti le acque di un’impetuosa cascata. Aldilà della cascata, nella parte meridionale del monte, v’era invece un vasto e incantevole lago, inaccessibile dal lato Nord, dove appunto il fiume Yi terminava la sua corsa.

Le carpe che vivevano sul corso del Fiume Giallo sentirono un giorno parlare delle meraviglie di quel luogo e tutte desiderarono farvi visita. Partirono così dal corso del grande fiume, in prossimità di Mengjin, attraversarono le acque del fiume Luohe fino ad immettersi in quelle del fiume Yi. Giunsero infine nei luoghi in cui zampillavano le meravigliose acque ai piedi del monte Longmen.

I piccoli pesciolini tuttavia non riuscirono a trovare nemmeno il più piccolo passaggio attraverso la roccia, attraverso cui poter giungere al lato Sud del monte. Bloccate dall’imponente complesso roccioso e dalla corrente dalla cascata, le carpe furono costrette a riunirsi sotto i piedi del monte per prendere una decisione.

Così una tra le più piccole disse alle altre:
«Ho un’idea! E se noi saltassimo la montagna?»

«È così alta, come puoi saltarla? Se non salti bene ti ucciderai nello schianto!» dissero le sue compagne timorose.

La piccola carpa allora, armandosi di coraggio, disse «Salto io per prima, farò una prova!»

Detto questo, il coraggioso pesciolino si diede uno slancio incredibile, balzando in alto verso il cielo. Il piccolo corpo rosso schizzò in aria come una freccia appena scoccata e in un attimo sali così tanto in alto da scomparire alla vista delle altre carpe. Procedendo a fatica controcorrente, la piccola carpa saliva sempre più in alto, cercando di vincere la forza della cascata. Il corpo minutissimo del pesciolino era schiacciato dal peso gigantesco dell’acqua, che lo costringeva ad usare tutta la propria forza per non farsi trascinare in basso. Decisa a non darsi per vinta, la piccola carpa muoveva il suo corpo energicamente, agitando la coda per darsi la spinta. Lo sforzo era incredibile, mai si sarebbe pensato che un pesce così minuscolo potesse tener testa a delle acque così forti. Movimento dopo movimento, il piccolo pesce si accorse che la propria coda cominciava a scaldarsi e bruciarsi. Il dolore si fece insopportabile, ma non era più possibile tornare indietro, poiché la caduta l’avrebbe uccisa. Facendosi largo tra le acque impetuose, la piccola carpa proseguiva la sua rapidissima ascesa verso il cielo, ma a furia di agitarsi la sua coda prese fuoco, lasciando dietro di sé una lunga scia. Sopportando il dolore per la sua coda in fiamme, il prode pesciolino continuava la sua salita luminosa e alla fine oltrepassò la montagna, tuffandosi così nelle sue acque meridionali.

Le altre carpe, rimaste a guardare quel salto strepitoso, alla vista della coda in fiamme della loro compagna rimasero atterrite a fissare il cielo, aspettando che la piccola carpa riapparisse ai loro occhi. Ad un tratto, preceduto da un fragore di tuoni e fulmini, apparve improvvisamente, avvolto dalle nuvole agitate, un gigantesco e maestoso dragone. Le carpe alla vista del terribile animale si spaventarono e scapparono veloci tra le acque, non osando affrontare nemmeno la vista di quella temibile creatura.

Il dragone allora, guardando divertito la fuga dei timorosi pesciolini, discese lentamente dal cielo e disse:

«Non abbiate paura, sono sempre io, la piccola carpa vostra amica. Il mio aspetto è ora lo specchio del mio coraggio, poiché sono riuscita ad attraversare la Porta del Drago. Ora sta a voi saltare al di là della montagna! Dai, provate!». Le compagne, incoraggiate da quelle parole e dall’aspetto maestoso della compagna, cominciarono una alla volta a tentare l’ardua impresa. Furono poche, ahimè, le carpe che riuscirono a superare la prova. Quasi tutte, per timore di fallire nell’impresa, non riuscivano a saltare a surcienza, cadendo vertiginosamente sui sassi ai margini del lago. La caduta lasciava a tutte una cicatrice nera al centro della fronte, come a ricordo del loro mancato coraggio.

Oggi, se si osservano le carpe del Fiume Giallo, si può ancora vedere questa cicatrice nera sulla loro fronte… In epoca Tang, il poeta Li Bai raccontò questa storia tra le sue opere scrivendo questi versi:

Piccola carpa del Fiume Giallo, che abiti nelle acque di Mengjin, drago non sei diventata e sulla fronte ne porti ancora il segno, fa ritorno dunque tra i pesci dappoco.